Motti Latini e Citazioni
Motti latini, lettera L
Motti latini, sentenze e citazioni di uso quotidiano, con indicazione delle fonti, con i chiarimenti necessari e la traduzione italiana.
Motti latini che iniziano con la lettera L.
Laborare est orare.
Lavorare è pregare. - Parole di San Benedetto, fondatore dell'Ordine Monastico che da lui prende il nome (529 d.C.), momento dei più meravigliosi della Storia, in cui al mondo Pagano succedeva quello Cristiano; Montecassino fu culla di quest'Ordine.
Lapsus calami.
Errore di penna. - Locuzione latina che si usa per indicare quegli errori involontari che consistono nello scrivere una lettera invece di un'altra, un nome invece di un altro. Rientrano nei lapsus calami anche gli errori di stampa, alcuni dei quali sono capolavori d'umorismo involontario. Un esempio: cambiando una vocale, "la signora di molti meriti" diventa la "signora di molti mariti". L'espressione latina è spesso usata per giustificare un errore, attribuendolo a distrazione: è stato un lapsus.
Lapsus linguae.
Errore di lingua. - Errore involontario che si fa parlando. Dice un adagio medievale melius est pede quam labi lingua, meglio scivolare con un piede che con la lingua. Secondo Freud e la psicanalisi, tali errori sarebbero spesso dovuti a motivi inconsci che rivelano un impulso in contrasto con ciò che si sarebbe voluto dire. Anche senza implicazioni psicanalitiche, i lapsus sono sempre divertenti. Attori e annunciatori radiotelevisivi li chiamano papere.
Laudator temporis acti. (Orazio, Ars poet., 173).
Lodatore del tempo passato. - Orazio attribuisce questa qualità ai vecchi , considerandola, insieme con altre, uno dei tanti malanni da cui è afflitta l'età senile; in realtà l'espressione completa è laudator temporis acti se puero, lodatore del tempo passato , quando egli era fanciullo. E' usata spesso con riferimento sia a chi mostra di non voler accettare le novità, sia ai nostalgici di passati regimi, sia più genericamente a quelle persone anziane che parlano del loro tempo nel quale le cose andavano meglio che nel presente.
Laus Deo.
Sia lode a Dio. - Parole che un tempo si scrivevano alla fine di un libro o si pronunciavano alla fine di qualche lavoro od operazione. Si ripetono anche oggi per esprimere la soddisfazione per un lavoro finalmente compiuto o il realizzarsi di qualche cosa lungamente desiderata, attesa.
Lectio brevis.
Lettura, lezione breve. - Locuzione latina usata con due significati: nella liturgia delle ore, breve lettura della Sacra Scrittura che si fa nelle ore canoniche; nelle scuole, lezione che, per qualche motivo, duri meno delle lezioni ordinarie. In particolare, l'orario ridotto che si fa nelle scuole, soprattutto nel giorno che precede il lungo periodo delle vacanze natalizie.
Libera me Domine.
Liberami o Signore. - La frase continua così: de morte aeterna, in die illa tremenda, dum veneris iudicare saeculum per ignem, dalla morte eterna, in quel giorno tremendo, mentre verrai a giudicare il mondo mediante il fuoco. E' l'inizio di un canto (ora soppresso), che durante l'ufficio funebre evocava i terrori del giudizio universale. Per estensione, l'espressione libera me Domine viene usata talora per chiedere al Signore di essere liberati da pericoli, da un male, o sottratti a danni, molestie e simili.
Lippis et tonsoribus. (Orazio, Sat., I, 7).
Ai cisposi e ai barbieri. - Espressione proverbiale derivata da un verso di Orazio in cui il poeta, per significare che un fatto è noto a tutti, dice: Omnibus et lippis notum et tonsoribus esse, noto a tutti, cisposi e barbieri, categorie queste che presso i Romani avevano fama di propagatori di notizie per eccellenza. La frase, preceduta da noto, conosciuto o dal latino notum, è ripetuta scherzosamente con lo stesso senso.
Littera enim occidit, spiritus autem vivificat. (s.Paolo, 2^ lett. ai Corinzi 3, 6).
Infatti la lettera uccide, lo spirito invece vivifica. - Parole di san Paolo con le quali egli intendeva affermare la superiorità del messaggio di Cristo (fondato sullo spirito, che è vita) rispetto alla legge giudaica (che è lettera scritta). La frase è talora ripetuta per contrapporre all'interpretazione letterale di un testo, l'interpretazione del pensiero, dell'intenzione di chi scrive e dei fini a cui mira.
Longa manus.
La lunga mano. - Espressione con cui si indica la persona che opera, in maniera non sempre limpida e lecita, a favore di un'altra più potente, nascosta nell'ombra. Negli affari, longa manus è il prestanome, che finge di contrattare per sé, mentre agisce per conto di un altro.
Lugete Veneres Cupidinesque. (Catullo, 3).
Piangete Veneri ed Amori. - Così canta l'elegante Catullo in morte del passero della sua amante. Questo verso si adatta benissimo a chi piange o si duole per un nonnulla.
Lumen Christi.
Luce di Cristo. - Antica acclamazione cristiana con cui si salutava l'accendersi dei lumi nelle famiglie. Si conserva oggi nel rito della solenne Veglia pasquale, quando il cero, dopo essere stato benedetto, viene portato in processione nella chiesa buia dal diacono che canta Lumen Christi, cui i fedeli rispondono Deo gratias (rendiamo grazie a Dio). In genere, la locuzione è usata per indicare una candela benedetta che si conserva per devozione, accendendola in qualche grave occasione.
Lupus in fabula.
Il lupo nel discorso. - Locuzione latina attestata da Terenzio (Adelphoe IV, I,21). Viene comunemente tradotta "il lupo nella favola" con riferimento alle favole esopiane, nelle quali il lupo appare per lo più all'improvviso. Ma poiché fabula in latino vuol dire originariamente "favella", lupus in fabula dovrebbe essere tradotto "il lupo nella favella, nel discorso". La locuzione latina viene usata con allusione al fatto che, quando appare improvvisamente la persona di cui stiamo parlando, tutti ammutoliscono, come nelle fiabe allorquando arriva il lupo, animale che incute paura a tutti. La frase però ha anche un significato scherzoso e si usa per dire stiamo proprio parlando di te.