Motti Latini e Citazioni

Motti latini, lettera D

Motti latini, sentenze e citazioni di uso quotidiano, con indicazione delle fonti, con i chiarimenti necessari e la traduzione italiana.
Motti latini che iniziano con la lettera D.



Date obolum Belisario.
Date un obolo a Belisario. - Espressione usata nel senso di dare aiuto all'uomo caduto in disgrazia, come Belisario (generale bizantino al servizio dell'imperatore Giustiniano) che vecchio e cieco, fu costretto, guidato dalla figlia, a chiedere l'elemosina.

De auditu.
Per sentito dire. - Locuzione latina corrispondente a cose che si ripetono per averle udite: riferire de auditu. Anche, per avere udito direttamente, nell'espressione giuridica testimone de visu et de auditu.

De cuius.
Del quale si tratta. - La locuzione completa è de cuius hereditate agitur, della cui eredità si tratta. Nella successione per causa di morte, il soggetto defunto che era proprietario dei beni costituenti il patrimonio ereditario. In senso scherzoso, il de cuius è la persona di cui si sta parlando.

De facto.
Di fatto. - Locuzione latina, usata nel linguaggio giuridico, per lo più accoppiata o contrapposta a de iure ("di diritto"), per designare una situazione di fatto non riconosciuta nell'ordinamento giuridico. In particolare, nel diritto internazionale, è usata per indicare il tacito riconoscimento di un nuovo stato o del nuovo governo di uno stato preesistente, senza la pienezza delle conseguenze giuridiche derivanti dal riconoscimento de iure.

De gustibus.
Dei gusti. - La frase completa è de gustibus non est disputandum, sui gusti non si può discutere. E' uno dei tanti intercalari anonimi del latino medievale, assai frequente nel liguaggio comune (spesso anche nella forma ellittica de gustibus), per affermare che i gusti sono soggettivi e ognuno ha diritto d'avere i suoi, per quanto strani possano sembrare ad altri.

De hoc satis.
Di ciò basta. - La locuzione è usata per indicare che l'argomento o la discussione sono esauriti e si può passare ad altro.

De iure
Di diritto. - Locuzione per lo più contrapposta a de facto ("di fatto"), per indicare conformità all'ordinamento giuridico. Nel diritto internazionale, è usata per indicare il riconoscimento di un nuovo stato o di un nuovo governo in modo pieno e definitivo, che implica la volontà di stabilire normali rapporti diplomatici.

De iure condendo.
Quanto al diritto costituendo. - Nel linguaggio giuridico la locuzione è usata in contrapposizione a de iure condito, per significare un'aspirazione di riforma della legge vigente.

De iure condito.
Quanto al diritto costituito. - Espressione indicante lo stato delle norme vigenti in una determinata questione o materia. Nel linguaggio giuridico si contrappone a de iure condendo.

Delenda Carthago.
Cartagine va distrutta. - Motto famoso di Catone il Vecchio che credeva necessario l'annullamento della rivale Cartagine. In verità, si tratta di un'abbreviazione postuma della frase originaria di Catone, che suonava Ceterum censeo Carthaginem esse delendam, del resto io penso che Cartagine è da distruggere.

De minimis non curat praetor.
Il pretore non si cura dei minimi affari. - Massima latina, tuttora in uso (talvolta anche nella forma abbraviata de minimis), per significare che non convierne (o che non si vuole) dare troppa importanza alle piccole cose, alle inezie.

Deminutio capitis. (Gaio, Inst. Iuris Rom.).
Diminuzione di capo. - Frase che in origine indicava la perdita di un individuo da parte di un gruppo, e passata poi a indicare, nell'ordinamento giuridico romano, il mutamento della posizione giuridica dell'individuo stesso rispetto al gruppo (con il senso quindi di "diminuzione della personalità giuridica"), conseguente alla perdita, per cause varie, di alcuni diritti civili. Nel linguaggio corrente, l'espressione è usata a significare perdita di prestigio, di autorità, di grado.

Deo gratias.
Grazie a Dio. - Formula latina di origine biblica, che sottintende agere, rendere. Rendere grazie a Dio. Questa formula liturgica era frequentissima presso i primi cristiani. I martiri, udita la sentenza che li condannava a morte perché non abiuravano alla loro fede, alzavano gli occhi al cielo esclamando Deo gratias. Nell'uso comune e familiare, è frequente come esclamazione di sollievo per l'avverarsi di un fatto atteso, per la fine di cosa noiosa e simile.

De plano.
Agiatamente, senza difficoltà. - Nel linguaggio giuridico medievale, la locuzione era usata per indicare l'esclusione di alcune forme solenni e la conseguente accelerazione del giudizio nella procedura sommaria, o planaria. Nell'uso corrente odierno, è talora adoperata con riferimento a conseguenze che si deducono senza bisogno di dimostrazione da premesse già poste. Questa locuzione la troviamo pure in Dante (Inferno, XXII, 85): "Danar si tolse, e lasciolli di piano".

Desinit in piscem. (Orazio, Ars poet., 3-4).
Finisce in pesce. - Frase latina usata comunemente a proposito di cosa che risulti comunque inferiore alle intenzioni o a quanto prometteva in principio. Deriva da un passo dell'Arte poetica di Orazio (vv. 3-4): ut turpiter atrum Desinat in piscem mulier formosa superne, come se una donna, bella superiormente, terminasse in uno sconcio pesce. Orazio usa questo paragone per notare che l'opera d'arte richiede armonia e unità in tutte le sue parti. Deus ex machina.
Il dio che appare dalla macchina. - La divinità sui teatri antichi appariva su una macchina, spesso a risolvere situazioni complicate e difficili. La locuzione è usata oggi per indicare una persona che riesce là dove altre hanno fallito, o un evento che sblocca una situazione difficile.

De visu.
Avendo visto. - Locuzione usata in frasi come conoscere de visu, rendersi conto de visu, cioè con i propri occhi. E' contrapposta a de auditu, per sentito dire. I testimoni de visu et de auditu sono quelli che riferiscono cose viste e udite personalmente, non sentite dire.

Dies irae.
Il giorno dell'ira. - Sono le prime due parole di una sequenza latina che la Chiesa canta nell'ufficio dei defunti e nel giorno dei morti. Questa sequenza, una drammatica visione della fine del mondo, è attribuita a Tommaso da Celano, discepolo e biografo di san Francesco. Nel linguaggio figurato il dies irae è il momento della resa dei conti, della vendetta. Il Giusti intitolò Dies irae una satira per la morte dell'imperatore Francesco I d'Austria.

Divide et impera.
Dividi e comada. - Questa frase si è tramandata da secoli per via orale. C'è chi l'ha attribuita ai greci, chi a Filippo il Macedone, chi a vari imperatori romani, a re ed imperatori dal medioevo ai giorni nostri. Datato è invece il corrispondente francese diviser pour régner (dividere per regnare) che re Luigi XI di Francia aveva preso come suo motto.

Do ut des.
Do perché tu dia. - Nel diritto romano, tipo di contratto innominato, che si configura quando la prestazione già eseguita e quella che si aspetta in cambio consistono entrambe nel trasferimento di proprietà di una cosa (permuta). La locuzione si usa anche con significato più generico, a proposito di favori che si fanno nella previsione di ricevere adeguato contraccambio.

Dulcis in fundo.
Il dolce in fondo. - Si applica a cose che hanno esito felice, dopo gravi fatiche o sacrifici. Ma spesso anche in tono ironico, con senso simile a ora viene il bello.

Dura lex, sed lex.
Dura legge, ma legge. - Regola di diritto della tradizione scolastica, con cui si afferma la necessità morale di piegarsi a una legge, anche se dura. L'esempio più eroico di obbedienza alle leggi resta Socrate che, condannato a morte innocente, si oppose ai tentativi dell'amico Critone di farlo fuggire dal carcere, perché il buon cittadino, spiegò, deve obbedire alle leggi.